All’improvviso
due brevi trilli del citofono interruppero la scena spaventosa di un
energumeno che voleva sparare in bocca al povero coglione. Non
c’era un regista che aveva detto “stop, buona la
prima” oppure l’applauso scrosciante degli
spettatori e il sipario che svolazzava chiudendo il proscenio.
Quella era la realtà e lui rimase ad occhi chiusi anche
quando il metallo della pistola non era più dentro la bocca.
Quando riuscì di nuovo a respirare e qualche pensiero si
fece largo tra il terrore di morire, si chiese chi cazzo fosse di nuovo
alla sua porta e se il nuovo arrivato avrebbe peggiorato la situazione
che era già, diciamolo, difficile.
L’uomo tarchiato, quello che stava per ucciderlo, era
schizzato via verso la porta e aveva risposto con un suono gutturale al
citofono.
Senti lo scatto dell’apri-porta e poi probabilmente
l’uomo rimase a controllare attraverso lo spioncino.
Il ragazzo invece si era rilassato e questo era un buon segno.
La pistola era ancora dietro la schiena, infilata nei pantaloni.
Emanuela invece lo guardava e aveva gli occhi pieni di lacrime.
Lui cercò di infilare amore nei suoi occhi, dire quello che
a voce lei non aveva mai permesso: amore mio come sei bella.
Tu lo sai che non smetterò mai di amarti nemmeno quando
morirò e sembra che questo succederà presto,
anche per colpa tua.
Sentì la porta che si apriva e un parlottare basso.
Qualcuno era arrivato e sembrava fare domande secche e brevi.
La voce gutturale dell’uomo tarchiato dava probabilmente
lunghe spiegazioni e ogni tanto era interrotto da altre domande.
Almeno questo era ciò che arrivava.
L’uomo tarchiato tornò e prese Emanuela per un
braccio.
Lei non oppose resistenza e insieme andarono nell’altra
stanza.
Ci fu silenzio per qualche secondo, poi la voce del nuovo arrivato
parlò a lungo senza che gli altri due interrompessero.
Senti distintamente la voce di Emanuela dire “si, va
bene”.
L’uomo tarchiato tornò di nuovo nella stanza e
girandogli le spalle disse qualcosa a bassa voce al ragazzino.
Poi entrò Emanuela che senza guardare nient’altro
che l’aria davanti a sé, prese il borsone, il suo
giaccone e uscì seguita dal tarchiato.
Sentì la porta che si chiudeva e poi solo il silenzio.
Il ragazzino si mise seduto sulla sedia. Guardava il pavimento e
probabilmente aveva istruzioni di aspettare qualcosa o qualcuno, la sua
pistola era appoggiata sopra il tavolo.
Lui era diviso. Una parte di lui voleva capire cosa stesse accadendo.
Un’altra parte invece diceva che era molto meglio non sapere.
Dopo qualche minuto, di nuovo il campanello.
Stavolta era la porta e il suono era urgente e ripetuto.
Pensò che fosse proprio una giornata strana.
Il ragazzino prese la pistola e guardò lui con aria
interrogativa.
Non era quello che lui stava aspettando, era evidente che era sorpreso
e spaventato.
- Chi cazzo è ? Aspetti qualcuno ? -
Lui non rispose. Non voleva collaborare. Se volevano ammazzarlo che lo
facessero pure ma tutto il lavoro dovevano farlo loro.
Il ragazzino silenziosamente andò alla porta,
guardò attraverso lo spioncino e disse che era una donna,
che era agitata.
Il campanello suonò ancora due o tre volte.
Lui si era alzato e disse sottovoce che probabilmente era la vicina e
senza pensare andò alla porta e aprì mentre il
ragazzino con la pistola in mano si nascondeva.
Sembrava davvero un telefilm americano.
– Signor Cattaneo, venga la prego, c’è
mio marito che si sente male. Venga, la prego -
Era terrorizzata e lui pensò che la giornata fosse davvero
giunta alla fine.
Mancava solo l’uxoricidio del vicino.
–
Vengo – disse e senza pensarci uscì e chiuse la
porta dietro di se.
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