Gli amici fecero poca festa per il suo ritorno.
Certo, non si aspettava il Coro degli Alpini ma la sua presenza venne quasi del tutto ignorata.
Solo Luciana lo guardò e chiese se avesse fame.
C’era animazione in casa, c’era Danilo e altre due persone che non conosceva.
Lui aveva in serbo il suo regalo direttamente dal regno della cocaina.
Un paio di grammi di polvere bianca comprati a Lima poco prima di partire. Erano sopravvissuti a un lungo viaggio.
C’era anche stato un incidente aereo negli Stati Uniti e il suo volo era slittato di un paio di giorni.
Ma con tutta quella gente in casa non poteva tirare fuori il suo tesoro.
Emanuela gli aveva riservato uno dei suoi sorrisi e non aveva aggiunto nemmeno una parola.
Rimase un po’ ai margini di quella agitazione.
Poi arrivò qualcuno e tutti si animarono. Ci fu un conciliabolo tra i due sconosciuti e il nuovo arrivato.
Tutti parlavano e lui non riusciva più a capire nulla.
Sembrava quasi che fosse quello il paese straniero che stava attraversando nel suo viaggio.
Maurizio chiamò Emanuela che dopo un breve scambio di banconote tornò a sedersi al tavolo.
Prese lo specchio e preparò due lunghe strisce di polvere bianca.
Tirò la prima e una buona metà della seconda e poi, alzando gli occhi verso di lui, gli porse specchio e banconota.
– No grazie – disse lui ed era vero che non ne aveva voglia.
Sentiva di essere lontano da quella frenesia, da quel parlottare fitto che poi portava a scambi di buste e banconote.
Ma invece di soffrirne sentiva che non era la sua “onda”.
Semplicemente.
Lei aspirò il resto della polvere e gli lanciò uno sguardo.
Forse era la prima delle persone che si trovavano in quella casa a rendersi conto veramente della sua presenza.
Lui prese i suoi bagagli e senza nemmeno salutare se ne andò.
Emanuela lo guardò. Non sorrideva ma non disse nulla.
La sera si presentò alla sua porta e aveva gli occhi tristi.
Aveva una busta della spesa, aveva comprato un po’ di pesce ma poi nessuno dei due aveva voglia di mettersi in cucina.
Lei non parlava e lui aveva difficoltà a trovare qualche argomento di conversazione che fosse interessante.
C’era un abisso tra lui e quei suoi occhi neri.
Poi lei prese il tagliere di marmo e preparò due lunghe strisce di polverina bianca.
Arrotolò una banconota e si fermò guardandolo dritto negli occhi.
Lui si sentì investito da quegli occhi e prima che un’ondata di terrore lo travolgesse aspirò la droga sentendo un brivido lungo la schiena. Lei consumò la sua e poi dopo un momento passato a occhi chiusi, si alzò dalla sua sedia e andò a sedersi a cavalcioni sulle sue gambe. Rimase per un tempo incalcolabile con le mani dietro alla sua nuca e gli occhi che sembravano penetrare direttamente dentro la sua testa.
Il suo respiro era vento e tutto il mondo intorno aveva perso consistenza.
Passarono tre giorni mangiando cracker e sottilette, sniffando cocaina e facendo l’amore senza che il consueto alternarsi del giorno e della notte avesse un qualsiasi significato.
Dormivano quando il bisogno di toccarsi era sopito oppure quando la sete o la fame non costringeva uno dei due a rapide fughe in cucina per prendere qualcosa da bere o da mangiare.
Il resto del tempo era speso il lunghi attimi di perfezione estrema.
Poi parlottavano.
Lei gli chiedeva del viaggio, di quello che aveva visto e poi voleva vedere quello che aveva scritto sul suo diario.
Lui la guardava e si chiedeva se fosse un sogno.


L’uomo tarchiato era visibilmente agitato e nervoso; aveva la pistola infilata nei pantaloni e si spostava da un lato all’altro della stanza fermandosi di tanto in tanto come se avesse una riflessione più difficile da affrontare.
La situazione era in equilibrio instabile e poteva crollare da un momento all’altro.
I fattori che potevano provocare la crisi definitiva non era possibile conoscerli, forse non li conoscevano nemmeno loro.
Quello giovane aveva messo la pistola nella parte posteriore dei suoi pantaloni, come un gangster o un poliziotto di un telefilm americano. Nessuno diceva una parola.
Emanuela guardava un punto indefinito davanti a sé e stava seduta come nell’anticamera di un medico, in attesa di qualcosa.
Lui dopo lo smarrimento e la paura iniziali, guardava il pavimento e non alzava mai lo sguardo sui suoi sgraditi ospiti.
Pensava ingenuamente che se non li avesse guardati non avrebbe potuto descriverli alla polizia.
Poi si diceva che probabilmente non ci sarebbe stata alcuna possibilità di dare dettagli alle forze dell’ordine.
I morti non riescono a parlare.
Dopo una mezzora di attesa silenziosa e spessa, Emanuela si mosse sulla sedia cambiando posizione e approfittando del piccolo scompiglio che quel suo muoversi aveva provocato disse: 
– Fai uscire lui, non c’entra nulla, lo sai benissimo –
Parlava all’uomo basso che si era fermato un attimo a guardare fuori dalla finestra.
La sua reazione fu spropositata.
Fece due passi straordinariamente lunghi e aveva in mano la pistola.
Si mise a gambe aperte davanti a Emanuela stringendo l’arma con due mani.
Appoggiò la canna sulla fronte, qualche centimetro dal nero dei suoi occhi e cominciò a tremare in modo spaventoso.
Il ragazzino alzò le mani e fece un passo verso di loro.
L’uomo spostò l’arma dalla fronte di Emanuela puntandola alla testa del ragazzino. 
– Stai fermo dove sei – disse e aveva una voce cavernosa
– Tu devi stare zitta, Non ti permettere di dire altro, stronza – aveva rivolto nuovamente l’arma verso Emanuela che sembrava quasi impassibile, quasi che il tutto non la riguardasse.
Lui aveva gli occhi sbarrati e non riusciva a credere che quello che stava accadendo a casa sua fosse la realtà.
Stava morendo di paura.
Tutto era diventato molto peggio di quello che aveva immaginato quando era ancora notte e aveva visto il Kalashnikov nella borsa di Emanuela. Era passata solo qualche ora. 
– Lasciala stare pezzo di merda –
Aveva parlato senza pensare.
Non era stato lui.
La voce era arrivata dalla sua bocca ma non era lui.
Non poteva essere lui.
Lui era pauroso e si cagava sotto quando vedeva le armi.
Come gli era venuto in mente di dire quelle cose ?
Era impazzito.
Era impazzito di terrore e faceva cose senza senso.
Il tarchiato si girò di scatto e lui sentì lo sguardo disperato di Emanuela che gli bruciava la pelle.
Anche gli altri due lo stavano guardando ma i loro occhi non avevano accesso, nemmeno alla paura.
L’uomo si fece vicino, i baffi neri che tremavano sul labbro superiore.
Mise di forza la canna della pistola nella sua bocca e lui sentiva il suo respiro direttamente in faccia.
Sembrava un film americano di serie B.
Lui chiuse gli occhi e pensò che in un paio di secondi il muro dietro di lui avrebbe avuto una bella macchia di colore.

Era mattina, o forse pomeriggio, non se lo ricordava, lui si svegliò e Emanuela era andata via.
Non c’era più, semplicemente.
Non c’era alcun messaggio, niente che dicesse che era andata a far rifornimento di crackers e sottilette per continuare all’infinito il sogno. Era rimasto soltanto il pesce, in frigorifero.
Rimase seduto al tavolo di cucina per ore e ore senza sapere che cosa fare.
Era davvero tornato dal suo viaggio. Era tornato in quel momento.
Lei era stata la continuazione di quel sogno ma come al solito era sparita e il risveglio non era meno doloroso dell’altra volta.
Lui non sapeva cos’era la sua vita al di là di quei momenti che lei gli regalava.
Lui non sapeva nulla di lei. Si rese conto che non sapeva nemmeno il suo cognome.
Riprese le sue attività, riprese a frequentare Maurizio e cercò di stare alla larga dal fiume di cocaina che invadeva strade e case delle persone che conosceva.
La sua bustina con i due grammi comprata a Lima restò a lungo dentro la copertina del libro nel quale aveva viaggiato, era ben poca cosa rispetto alla quantità di droga che passava davanti ai suoi occhi.
Era cambiato tutto da quando era partito.
Era cambiata l’aria e si stava preparando una tempesta che avrebbe lasciato molti morti sulla strada.
Emanuela tornò un mese dopo.
Aveva una borsa piena di banconote da cinquecento lire.
Erano tante, dieci milioni in tutto.
Lei parlava tanto, diceva nomi, luoghi e fatti che non avevano spessore. Sembrava che la sua vita fosse soltanto incontrare uomini e donne e frequentare luoghi senza che ci fosse un dato temporale a dare senso o solo futuro a quella vita.
Lui era convinto che tutto il parlottare fosse vernice che copriva quello che erano davvero i suoi giorni.
Dove le aveva prese tutte le banconote da cinquecento lire?
Lui ovviamente non lo chiedeva e lei non ne faceva cenno, come se fosse normale avere in tasca dieci milioni in monetine da cinquanta lire. Ci furono altre volte in cui lei capitò a casa sua ma la magia di quei tre giorni passati a far l’amore era lontana e lei sembrava quasi infastidita dal suo attendere che lei avesse tempo e occhi da condividere con lui.