L’uomo
tarchiato era visibilmente agitato e nervoso; aveva la pistola infilata
nei pantaloni e si spostava da un lato all’altro della stanza
fermandosi di tanto in tanto come se avesse una riflessione
più difficile da affrontare.
La situazione era in equilibrio
instabile e poteva crollare da un momento all’altro.
I
fattori che potevano provocare la crisi definitiva non era possibile
conoscerli, forse non li conoscevano nemmeno loro.
Quello giovane aveva
messo la pistola nella parte posteriore dei suoi pantaloni, come un
gangster o un poliziotto di un telefilm americano. Nessuno diceva una
parola.
Emanuela guardava un punto indefinito davanti a sé e
stava seduta come nell’anticamera di un medico, in attesa di
qualcosa.
Lui dopo lo smarrimento e la paura iniziali, guardava il
pavimento e non alzava mai lo sguardo sui suoi sgraditi ospiti.
Pensava
ingenuamente che se non li avesse guardati non avrebbe potuto
descriverli alla polizia.
Poi si diceva che probabilmente non ci
sarebbe stata alcuna possibilità di dare dettagli alle forze
dell’ordine.
I morti non riescono a parlare.
Dopo una mezzora
di attesa silenziosa e spessa, Emanuela si mosse sulla sedia cambiando
posizione e approfittando del piccolo scompiglio che quel suo muoversi
aveva provocato disse:
– Fai uscire lui, non c’entra nulla, lo sai
benissimo –
Parlava all’uomo basso che si era
fermato un attimo a guardare fuori dalla finestra.
La sua reazione fu
spropositata.
Fece due passi straordinariamente lunghi e aveva in mano
la pistola.
Si mise a gambe aperte davanti a Emanuela stringendo
l’arma con due mani.
Appoggiò la canna sulla
fronte, qualche centimetro dal nero dei suoi occhi e
cominciò a tremare in modo spaventoso.
Il ragazzino
alzò le mani e fece un passo verso di loro.
L’uomo
spostò l’arma dalla fronte di Emanuela puntandola
alla testa del ragazzino.
– Stai fermo dove sei – disse e aveva una voce
cavernosa
– Tu devi stare zitta, Non ti permettere di dire altro,
stronza – aveva rivolto nuovamente l’arma verso
Emanuela che sembrava quasi impassibile, quasi che il tutto non la
riguardasse.
Lui aveva gli occhi sbarrati e non riusciva a credere che quello che
stava accadendo a casa sua fosse la realtà.
Stava morendo di
paura.
Tutto era diventato molto peggio di quello che aveva immaginato
quando era ancora notte e aveva visto il Kalashnikov nella borsa di
Emanuela. Era passata solo qualche ora.
– Lasciala stare pezzo di merda –
Aveva parlato
senza pensare.
Non era stato lui.
La voce era arrivata dalla sua bocca
ma non era lui.
Non poteva essere lui.
Lui era pauroso e si cagava
sotto quando vedeva le armi.
Come gli era venuto in mente di dire
quelle cose ?
Era impazzito.
Era impazzito di terrore e faceva cose
senza senso.
Il tarchiato si girò di scatto e lui sentì lo
sguardo disperato di Emanuela che gli bruciava la pelle.
Anche gli
altri due lo stavano guardando ma i loro occhi non avevano accesso,
nemmeno alla paura.
L’uomo si fece vicino, i baffi neri che tremavano sul labbro
superiore.
Mise di forza la canna della pistola nella sua bocca e lui
sentiva il suo respiro direttamente in faccia.
Sembrava un film
americano di serie B.
Lui
chiuse gli occhi e pensò che in un
paio di secondi il muro dietro di lui avrebbe avuto una bella macchia
di colore.
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