Dopo una decina di minuti passati sulla sedia si disse che Nicola doveva essere in arrivo. 
Si alzò e sbirciò fuori dalla porta. 
Il pianerottolo era ancora silenzioso e sgombro. Non era cambiato nulla se non che il caldo era diventato più opprimente. 
Si accorse che avrebbe avuto il tempo materiale di assaggiare la polvere posata sullo specchio ma, fatto un passo avanti e preso il coltellino dalla tasca, ebbe un‘esitazione.
A quel punto la certezza che Nicola non sarebbe arrivato in tempo mentre lui affondava il suo Opinel dentro la polvere svanì lasciandolo perplesso, a un passo dalla donna, a poca distanza dalla collinetta di eroina. Elena poteva anche svegliarsi, si disse sconsolato e si avvicinò ancora un poco guardando i suoi capezzoli da ragazzina, i fianchi morbidi e poi il pelo, castano chiaro come i suoi capelli.
Elena era bella, aveva una ventina d’anni e lui si era sempre chiesto come potesse buttare la sua vita dietro siringhe e spacciatori. 
Come se la dipendenza da eroina fosse questione riservata ai brutti, ai deboli, quegli emarginati che aveva conosciuto a frotte, gente che comunque viveva ai margini di qualsiasi cosa, che non aveva più nemmeno il senso della vita.
Sopravviventi.
Elena invece poteva essere una di quelle matricole dell’università Statale che aveva visto e conosciuto. 
Donne impegnate anche a rivendicare un nuovo ruolo, scrollarsi di dosso ogni retaggio per essere libere di scegliersi un futuro.
Non quel futuro. Nuda su un letto e piena di eroina.


Allungò un poco la mano, ma prima di toccare il seno si voltò verso la porta sicuro di trovare gli occhi di Nicola.
Decise che era meglio tornare alla sua sedia.
Aveva il fiato corto per l’emozione del gesto che aveva appena osato fare e chiuse un poco gli occhi sentendo per la prima volta forte il desiderio di abbandonare quella routine fatta di polvere, siringhe, luoghi e persone malfamate.
Gente che non lasciava tracce di sé, fatta eccezione per liquidi organici di varia natura lasciati in giro per le piazze o dentro i giardinetti di quella città dove era arrivato molti anni prima portando i suoi occhi di bambino.
Aveva ancora una lucidità totale su quello che stava accadendo, ma rimandava sempre a data da destinarsi la decisione di tirarsi indietro.
Si disse che chiunque al suo posto avrebbe preso tutta l’eroina sullo specchio e poi sarebbe uscito dalla casa fottendosene della possibilità di incrociare il proprietario. Molti di quelli che conosceva non avrebbero nemmeno dato uno sguardo ai lineamenti morbidi di quella donna giovane stesa sul letto.
Quello era un altro degli effetti di quella maledetta polvere. Sostituiva il sesso, l’amore, l’amicizia, il cibo, il sonno, gli orizzonti.
Quando girava a sufficienza dentro le vene il resto del pianeta avrebbe potuto fottersi.

Aveva visto donne prostituirsi per una busta di eroina e spesso il proprio uomo era in attesa di avere la sua parte di quella malattia mortale. Lui invece era lì e non era nemmeno capace di toccare il seno a una donna talmente fatta che non avrebbe sentito nemmeno se lui se la fosse scopata, che forse era addirittura morta..

Aprì di colpo gli occhi e la testa cominciò a funzionare in modo differente.
I sensi intorpiditi cominciarono a mandare segnali di pericolo e all’improvviso lui cominciò sentire che presto, molto presto, avrebbe avuto un gran bisogno della sua dose di eroina.
Costrinse i suoi pensieri a dipanarsi sulla base delle conoscenze precedenti: lei era nuda sopra il letto, fatta di eroina di buona qualità. Nicola era uscito, probabilmente con il “pusher” che aveva portato quei cinquanta grammi che erano ammucchiati sullo specchio.
Pensava di tornare presto e quindi non aveva chiuso la porta, forse aveva detto a Elena (che aveva ancora la sua maglietta bianca e i pantaloni): 
– Io torno subito, chiudi la porta – 
Lei aveva pensato che aveva il tempo di farsi una pera coi controfiocchi e poi si era spogliata per il gran caldo… 
Si era così, non c’era altra possibilità. 
Non importava che non ci fossero siringhe sul tavolino.
Non importava nemmeno il fatto che non avesse chiuso la porta.
Quel sostantivo, morta, era arrivato incautamente a rovinare il suo tentennare tra sesso e droga.
Anzi, ora si sarebbe alzato e prima di tutto avrebbe passato la mano aperta tra le gambe della ragazza e poi avrebbe toccato tutte e due le tette. Doveva controllare che fosse viva.
“Stavo controllando che fosse viva Nicola”
“Mi sembrava che non respirasse”
“La roba ? Non l’ho toccata anzi, sono rimasto proprio ad aspettarti. Se fosse arrivato qualche malintenzionato.. “
Si, quella era una scusa buona.
Nicola non avrebbe potuto dire nulla.
Era evidente come la montagnetta di polvere fosse intatta.
E forse a lui non gliene fregava nulla se lui si fosse scopato Elena.
Si alzò da quella sedia e quell’agitazione aveva messo in down la quantità di eroina che aveva in circolo.
Doveva farsi e tutto quel ben di dio era a portata del suo naso.
Tornò alla porta e dentro la mano stringeva il suo Opinel in modo che non avrebbe perso tempo.
Guardò velocemente da tutte e due le parti e poi rientrò.
Fece due passi e affondò la punta del coltello di fianco al mucchio di eroina e poi portò la polvere direttamente alla narice e aspirò con forza sentendo quasi subito il sapore amaro scendere dietro la gola.
Sentì salire un’onda calda, molto più calda di qualsiasi calore avesse mai sentito.
Si chiese per un attimo se non avesse esagerato e poi si spensero le luci e cadde per terra.