Poi, un giorno qualsiasi, all’improvviso appari.
È passato così tanto tempo ma non ho difficoltà a riconoscerti.
Non sei cambiata più di tanto e anche se il tempo ha scritto le sue pagine proprio sopra i tuoi occhi, sei ancora così bella che faccio fatica a respirare. Mi devo concentrare.
Devo seguire le onde che da lontano cominciano a spezzare il blu intenso di questo mare come le pennellate bianche gettate alla rinfusa dalla follia di un pazzo sognatore.
Spruzzi di schiuma che d’improvviso fingono d’essere onde, si uniscono, spariscono di nuovo per poi tornare e farsi acqua impetuosa che infine si infrange sugli scogli.
Devo essermi sbagliato.
Gli occhi sono abituati a orizzonti così estesi che le persone diventano quasi trasparenti.
Non è possibile che tu sia qui.
Non è semplicemente vero. Sono i deliri di un vecchio visionario.
Quasi ansimante, torno a voltarmi sicuro di trovare solo il vento e invece sei ancora lì, lo sguardo assorto.
Guardi qualcosa che è al di là di questo mondo.
Soltanto io so che cosa c’è dentro ai tuoi occhi: è il luogo dove ogni notte navigo con la disperazione di chi ha perso ogni ragione, ogni speranza. È il luogo dove abbiamo vissuto io e te e allora i giorni erano un susseguirsi di amore e desiderio.
Mi fa impazzire la consapevolezza che anche tu sia qui con il tuo sguardo perso dentro il vuoto.
Che cosa vuoi da me? Che cosa fai nell’angolo di mondo che ho scelto per vivere la mia malinconia?
È vero, io vivo nell’attesa; è vero, stavo aspettando te e ora che sei di fronte a me mi fai paura.
Dovrei parlarti oppure dovresti farlo tu.
Dovrei riuscire a leggere qualcosa nei tuoi occhi e tu dovresti leggere senza fatica questo terrore antico che scava solchi nei lineamenti del mio volto. Eppure non succede nulla.
Devo calmare il cuore che batte troppo forte. Devo fare qualcosa.
Sei sempre lì seduta, assorta, non dici una parola ed io sento un gran bisogno di scappare via, di rifugiarmi nel mio angolo, la mia terrazza in bilico su questo mare immenso, col vuoto che mi inonda, mi protegge, vive dentro di me.
Così mi alzo e senza dire una parola vado via.


Stanotte il vento è ancora più feroce. Sembra che voglia strappare via la pelle, lasciare la mia carne nuda e riportarmi indietro i giorni in cui chiudere gli occhi non era sufficiente.
Me li ricordo, sai, i giorni in cui morire sembrava l’unico rimedio per non sentire più dolore.
Me la ricordo quella sete immensa di respiri che non riuscivo mai a calmare perché non eri più la donna che viveva nei miei occhi.
Io sento ancora addosso il suono innaturale delle tue parole, lo sento intorno come un brusio sommesso che non mi lascia mai e ancora io mi chiedo come sia stato possibile vedere solo quello di cui avevo necessità per continuare a vivere.
Quasi la rabbia che attraversa il tempo riesce a tranquillizzare le mie mani.
Non tremano più e sento l’aria che riesce finalmente ad arrivare in fondo.
Gli occhi si chiudono e per un lungo istante mi sembra quasi di riuscire a non sentire niente di più che questo cuore che nonostante tutto continua a battere caparbio.
C’è stato un giorno nella mia vita in cui ho avuto netta la percezione di essere dentro di te come se fossi in una casa calda, conosciuta, senza che qualche cosa dovesse essere lasciato fuori dalla porta.
Era così piacevole, sai, come aver viaggiato per continenti oscuri e mare in tempesta fino a una casa abbarbicata sulle rocce, coi muri spessi, bianchi di calce e un terrazzino direttamente affacciato sui tuoi occhi.


Per qualche tempo rimango appeso tra la certezza di una follia che ha definitivamente preso possesso dei miei occhi e le domande che si affollano dentro la testa, come una moltitudine in preda al panico, in preda ad una necessità assoluta di sapere.
Se solo avessi la certezza che tu sia ancora lì, davanti a questo mare, io volerei attraverso il vento e rimarrei per ore a inebriarmi con il tuo profumo, guardarti per fissare nei miei occhi ogni più piccolo dettaglio e riempire in questo modo il vuoto dei lunghi anni in cui l’assenza ha consumato la mia vita come una febbre spaventosa.
Ma non ci sei, ne sono certo.
Non è possibile che tu abbia trovato questo mare tra i mille che potevi attraversare.
Non ho lasciato tracce, non ho lasciato lacrime o sguardi a indicare quale strada ti avrebbe condotto fino a me.
Per molto tempo il mio cammino è stato un lungo costeggiare i tuoi confini: sedermi ad aspettarti proprio vicino alle tue mani e mai che sia inciampato sui tuoi passi.
E ora dovrei credere alle menzogne che gli occhi, i miei occhi, hanno cominciato a raccontare?
E se davvero fosse?
E se davvero tu avessi continuato a bussare a ogni porta fino ad arrivare qua, fino a metterti seduta proprio a due passi dalla mia follia?
Stupido vecchio che ancora crede nelle dicerie e i chiacchiericci sull’amore eterno, quello che non si acquieta mai, neppure quando viene ucciso, trapassato, da lame che ne squarciano le carni.
Vecchio incapace, preso dalla tua vita piena di strade senza uscita e labirinti che hanno confuso sguardi e possibilità.
Lo sai, ti devo confessare che in questo mio cercarti non ho trovato traccia di rimpianti.
Mi sono detto mille volte che non avevo strade da percorrere se non immergermi in quel dolore atroce che poi ha distrutto la mia vita.