Attraversarono una Plaza de Armas stranamente vuota, silenziosa e fredda. Una volta calato il sole, si alzava un vento che sapeva di salsedine e con il progredire della notte quel vento diventava freddo e teso. Giulia rabbrividì ma non aveva nulla per coprire le sue spalle nude. Aveva un vestito rosso, cucito durante i lunghi viaggi in autobus lungo la Panamericana: era una specie di tunica sorretta da un nastro dello stesso colore che le cingeva il collo. I suoi capelli neri erano mossi da quel vento e lei sembrava un fuoco sprigionato dalla fantasia di un illustratore e poi sfuggito al suo controllo. In quello scenario di palazzi maestosi, con balconate in legno e portici ventosi, lei era una macchia di colore che ravvivava il buio. Lui quasi per scherzo le aveva chiesto di accompagnarlo in quel lungo viaggio e lei aveva detto sì, senza nemmeno un tentennamento. Non stavano insieme, c’erano stati solo brevi episodi, scambi di tenerezze, e poi per lungo tempo avevano condiviso la strada di ritorno verso casa, dopo la scuola. Lui in realtà era un poco spaventato dalla necessità di affrontare il viaggio in solitaria. Lei non era abituata a vivere per strada e dopo il furto di soldi e documenti a Popayan lui custodì entrambi i passaporti e tutti i soldi. Soltanto sulla strada del ritorno Giulia ebbe di nuovo la responsabilità dei suoi averi. Passarono di fianco al Palazzo del Governo, verso la Stazione Desamparados e poi a destra in Jiron Ancash. Di fronte alla basilica di San Francisco c’era l’Hotel Europa, l’hotel dei viaggiatori. Aveva un grande patio con piante tropicali e gabbie con uccelli e pappagalli. I pianerottoli con le grandi balconate di legno erano un punto di ritrovo dove i gringos si scambiavano le informazioni su luoghi, nomi, distanze e cose strane da vedere. Le camere erano disposte a intervalli regolari e non avevano finestre ma l’Hotel Europa offriva docce calde, anche se i bagni erano in comune. Ogni città aveva il suo hotel dei viaggiatori: a Quito si chiamava Gran Casino e mai un nome fu così appropriato. A volte per una differenza minima c’era la possibilità di usufruire di alberghi puliti, magari con il bagno in camera ma era indispensabile incontrare gli altri viaggiatori, era parte integrante dell’arte di viaggiare. 
La strada era silenziosa e c’erano poche automobili parcheggiate lungo il marciapiede. Entrarono nel lungo corridoio che portava al patio e a destra c’era il piccolo ufficio del ricevimento. C’era qualcuno, in piedi, davanti all’ingresso: parlava con l’addetto che era seduto al tavolo. Forse era il proprietario che dava le disposizioni per la notte al suo impiegato. Lui si avvicinò e in castigliano chiese la sua chiave. Poi si girò e l’uomo lo gratificò con un sorriso scoprendo i suoi numerosi denti d’oro come se fossero un tesoro di cui andare fieri. Aveva un soprabito chiaro ed era visibilmente sovrappeso. Appena ricevuta la sua chiave, mentre si incamminava verso il patio, lui colse un gesto di quell’uomo, un braccio mosso senza alcun motivo e istintivamente alzò gli occhi verso le balconate senza muovere la testa. Al piano più alto, nei pressi della loro stanza, c’era una persona. Era di spalle e si stava allontanando dalla balaustra incamminandosi verso l’angolo più buio dove si scorgeva a malapena un’altra figura. Si avvicinò a Giulia e prima di iniziare la salita le cinse le spalle e la attirò a sé come se fossero due innamorati che si stavano scambiando abbracci affettuosi. A voce bassa e senza muovere la testa disse: - Probabilmente c’è la Polizia che aspetta davanti alla nostra camera - 
Lei si irrigidì di colpo ma lui fece in modo che non rallentasse la salita sull’ampia scalinata che conduceva ai piani alti del palazzo.
- Forse hanno seguito Graciela oppure è solo un controllo di routine ma tu rimani zitta e fai finta di non parlare una parola di Spagnolo - Giulia annuì e prima di lasciarla lui le diede un bacio sulla fronte nel tentativo di tranquillizzarla. Appena furono arrivati al piano della loro stanza, uno dei due uomini si avvicinò e li guardò insistentemente senza però aprire bocca. A quel suo sguardo lui rispose con un – Buenas Noches – come se avesse riconosciuto un inserviente dell’Hotel. Sul ballatoio non c’erano altre persone e tutte le camere erano chiuse e silenziose. Arrivarono di fronte alla loro stanza e appena la porta fu aperta e la luce accesa si materializzarono i due uomini riempiendo tutta la luce dell’ingresso. Uno dei due era giovane e aveva Ray-Ban a goccia e stivaletti neri lucidi con jeans e una maglietta colorata. L’altro, quello che avevano incontrato in cima alle scale, era vestito in modo più formale: una camicia e pantaloni scuri con un maglioncino buttato sulle spalle. Non era giovane e i suoi capelli cominciavano a diradarsi sulla fronte. Mostrarono un distintivo della PIP, la Polizia Investigativa Peruviana, e chiesero senza formalità di avere i loro passaporti. - Sus pasaportes por favor - Rimasero sul ciglio della porta mentre lui prendeva i documenti dentro il marsupio legato intorno alla cintura. Giulia era in piedi, silenziosa, guardava soltanto lui senza curarsi dello sguardo prolungato di uno dei due che fissava il suo vestito rosso e il suo seno prosperoso. Senza levare gli occhiali da sole, il poliziotto giovane diede un’occhiata minuziosa ai passaporti cercando il timbro di entrata del valico di Tumbez. Poi si rivolse a lui:
- Consideramos que tienen drogas con ustedes y entonces necesitamos buscar a sus equipajes - 
Cercavano droga. Ebbe paura che fossero già entrati nella stanza e avessero piazzato quello che ora avrebbero trovato. Non c’era possibilità di uscire da quella situazione, non poteva fare altro che lasciare che i poliziotti perquisissero la stanza. Guardò i Ray-Ban e disse semplicemente: - Sigue – Si accomodi. Faccia pure come se fosse a casa sua e quella purtroppo era casa sua. In tutta l’America Latina chiunque avesse una divisa aveva il potere di fare qualsiasi cosa. Il poliziotto meno giovane si mosse senza aspettare altri commenti. Passò di fianco a Giulia e ostentatamente gettò uno sguardo inequivocabile alle sue spalle nude. Gli zaini erano aperti e tutto il bagaglio era sparso per la stanza. Lui guardò l’uomo mentre scrutava attentamente il telaio metallico degli zaini per poi alzarli e soppesarli. Aprì le buste che contenevano le medicine, frugando fra antibiotici e disinfettanti intestinali. Aprì con gesti lenti la custodia del Charango e passò le dita sul cuoio scuro, lavorato, riponendo lo strumento senza delicatezza. Poi fu sufficiente un rapido sguardo a tutto il resto per decidere che non c’era nient'altro da cercare. Fece un cenno al poliziotto giovane e uscì dalla camera non prima di aver spogliato con occhi luccicanti Giulia che era immobile come una statua. Sorprendentemente la perquisizione era durata poco. Forse davvero erano già entrati nella stanza senza trovare nulla e quella messa in scena era solo un preludio a chissà che cosa. Non era possibile che avessero incontrato gli unici due poliziotti onesti di tutto il Sud America. Qualcosa non tornava. Senza levarsi mai i suoi Ray-Ban, il poliziotto giovane aprì di nuovo i passaporti e dopo aver richiuso il primo si rivolse a Giulia stringendo in mano il secondo documento: 
- Su pasaporte Señorita - 
Giulia si volse verso di lui con aria interrogativa e lui le disse che poteva prendere il suo passaporto e conservarlo. Era stata brava, aveva fatto finta di non capire. 
- No habla castillano Señor – disse al poliziotto e allungò la mano per prendere il suo. 
- Usted tiene que venir en la Comisaria. Tenemos unas preguntas – 
Volevano portarlo via e per chiarire che non poteva in alcun modo rifiutarsi mise il passaporto nella tasca posteriore dei suoi jeans e fece un passo indietro in modo che avesse spazio per uscire dalla stanza. Cercò di pensare in fretta, c’erano molte cose che non erano chiare e i pericoli che intravvedeva erano molti ma solo alcuni potevano essere evitati. Decise di stare al loro gioco: erano entrati nella stanza e avevano guardato bene dappertutto senza ovviamente trovare alcunché, nemmeno una cartina per le sigarette. Il padrone dell’Hotel aveva sicuramente collaborato e la perquisizione vera e propria era avvenuta senza la loro presenza. L’altro poliziotto era visibilmente “scosso” dai vent’anni e dalla freschezza di Giulia e quello era sicuramente il pericolo maggiore che in quel momento lui riusciva a percepire. Per il resto non aveva idea in quale guaio poteva essersi cacciato. Ovviamente il tutto aveva a che fare con il suo incontro con Graciela ma nemmeno un milligrammo di cocaina era stato trovato fra i suoi bagagli e quindi qualsiasi cosa volessero da lui poteva gestirlo con pazienza. Se avessero voluto incastrarlo per qualsiasi ragione avrebbero messo un chilo di coca nella stanza e poi avrebbero usato direttamente le manette. Fece un respiro profondo, guardò direttamente i Ray-Ban del poliziotto e con voce risoluta disse:
- Vamos entonces. Però mi esposa sigue con nosotros. - 
Potevano andare al commissariato ma Giulia non sarebbe rimasta sola in camera. Erano evidenti le intenzioni dell’altro poliziotto e il proprietario avrebbe lasciato fare senza problemi. Giulia veniva con loro oppure lui non si muoveva. 
- Esto no es posible – Rispose seccamente il poliziotto. 
- Entonces usted puede poner sus preguntas acqui. Yo no dejo mi esposa sola - Può farle qui le sue domande, non lascio la mia compagna sola e fece un gesto ad indicare chi non era più in quella stanza. Mise le braccia conserte per dare forza a quel rifiuto facendo un passo per mettersi davanti a Giulia. 
Il giovane spostò il peso da una gamba all’altra per un paio di volte. Sembrava che il rifiuto lo avesse messo in difficoltà e doveva prendere una decisione. Guardo fuori cercando con gli occhi il suo collega. Poi si tolse finalmente gli occhiali e lo guardò. 
- Puedes dejar su esposa aqui sin problema. Seguro no pasa nada - Puoi lasciare tua moglie qui senza timore.
Lui lo guardò per qualche istante, poi disse solo – Sus palabras son bastante – Si girò verso Giulia e le diede poche istruzioni parlando molto velocemente in modo da non permettere al poliziotto di capire. 
- Chiuditi dentro e se qualcuno bussa alla tua porta grida più forte che puoi in modo da svegliare più persone possibili. L’altro poliziotto si è fatto un programma per la notte e non sono sicuro di essere riuscito a dissuaderlo. Se non torno, domattina vai all’Ambasciata Italiana e racconta loro quello che è successo – Con gesti evidenti e plateali prese una banconota da mille Soles, la mise in tasca e diede il resto dei soldi e documenti a Giulia. Lei annuì; era sicuro che avrebbe fatto esattamente quello che le aveva chiesto. Ma voleva essere certo che nessuno le facesse del male. Lei era visibilmente spaventata ma si fidava ciecamente di lui, lo aveva visto all’opera in altre situazioni. Lui ancora non si sentiva tranquillo, fece le scale seguito dal poliziotto giovane e mentre passava davanti all’ufficio si fermò: guardando il proprietario dell’Hotel gli disse a voce alta e puntando il dito direttamente sul suo soprabito leggero che se qualcosa fosse accaduto a Giulia lui era responsabile e poi rivolto al poliziotto – Usted tambien es responsable – e si avviò verso l’uscita senza voltarsi indietro. Fuori, appoggiato ad una Nissan scura, il poliziotto anziano non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Lui si appoggiò a una piccola colonna di cemento, le mani in tasca e lo sguardo attento ad ogni piccolo segnale. Ray-Ban arrivò e lo invitò a salire sulla macchina aprendo una delle portiere posteriori. Poi ci fu un breve conciliabolo tra i due poliziotti e lui colse soltanto una parola detta con tono rabbioso: maricòn, finocchio. Poi quello meno giovane si mise alla guida visibilmente innervosito mentre Ray-Ban tornò dentro e scambiò qualche parola con il proprietario per poi tornare e sedersi sul sedile anteriore. - Nada va pasar, Señor – Non succederà nulla. Furono le uniche parole durante il viaggio verso Miraflores, verso la sede della Comisaria. Lui cominciava ad avere un poco di paura. Era definitivamente in mano alla PIP e potevano accusarlo di ogni cosa. Si stava chiedendo se era stata una buona idea parlare in castigliano. L’impossibilità di comunicare avrebbe reso necessaria la presenza di una persona per tradurre le conversazioni ma questo dava ufficialità a quello che sperava fosse un malinteso, un controllo, qualcosa che potesse risolversi nell’arco di qualche ora. Per fortuna non aveva nulla addosso. Quel continente tribolato riservava sorprese ad ogni angolo di strada. Bisognava fare attenzione in ogni momento e anche chiusi dentro la propria stanza in un hotel qualsiasi di una qualsiasi città, di notte i documenti ed il denaro erano custoditi sotto il cuscino. Quando poi si frequentava il mondo della droga, fosse anche solo l’innocua marijuana, le cose si complicavano all’ennesima potenza. Era capitato spesso che l’acquisto di una modesta quantità di erba causasse la perquisizione da parte di poliziotti sbucati proprio dopo pochi passi e nella totalità dei casi i militari erano d’accordo con gli spacciatori e i gringos erano soltanto polli da spennare. Lui aveva in tasca i mille Soles che allora erano una cifra sostanziosa che avrebbe sicuramente invogliato un poliziotto che guadagnava, in un mese, la metà di quella cifra, a patteggiare un’uscita indolore da qualsiasi problema. Questo non funzionava con l’Interpol e probabilmente non funzionava nemmeno con la PIP perché Ray-Ban non aveva nemmeno vacillato. Fece un sospiro. Non c’era nulla che potesse fare, doveva solo aspettare, arrivare alla Comisaria e ascoltare quello che volevano da lui. Si mise comodo sopra il sedile e chiuse gli occhi lasciandosi cullare dai sobbalzi della macchina sulle strade sconnesse della capitale peruviana. Era stata una giornata piena, in tutti i sensi. Aveva assaporato una possibile serata con Graciela e aveva ancora sulle labbra la sensazione dolce del suo bacio e poi aveva pensato che la notte poteva comunque dare i suoi frutti tra i capelli neri di Giulia. E invece stava andando in una caserma della Polizia e non sapeva neanche perché. 
Riaprì gli occhi. 
Aveva una gran paura.

Aveva una gran paura, aveva un terrore folle per la sensazione di vuoto che quel breve sguardo alle tegole gli aveva stampato nello stomaco. Non aveva visto il suolo: aveva solo percepito l'altezza e l'assenza di qualsiasi supporto. Aveva visto solo altri tetti ma sapeva di essere sul bordo, in bilico, lui, la sua vita, il suo dolore, la sua essenza. In bilico sopra un baratro di dimensioni spaventose.