Ero emozionato, stavo incontrando una persona che aveva vissuto un anno con mia madre. Teresa era praticamente sua sorella, avevano giocato insieme, dormito nello stesso letto e condiviso l'amore e il latte di Giuditta. Anche se non poteva avere ricordi diretti, era comunque testimone di quei tempi, aveva ascoltato i racconti di sua madre, dei suoi fratelli. Non c'era in realtà molto ancora da sapere, il quadro era abbastanza completo ma si riproponeva quella sensazione del contatto diretto con il passato.
Teresa ha intorno a sé due figli, una nuora, due nipoti, ma anche vigne, olivi, cani, gatti... Sono stato accolto come un parente stretto: la tavola imbandita, il cibo in abbondanza. Sisto mi aveva detto che in quella casa c'erano sempre delle sedie in più per chi si fermava a pranzo o a cena. Sentivo forte lo stesso senso di famiglia delle vacanze estive a Napoli, lo stesso ritrovarsi intorno a un tavolo e il cibo come scusa per stare tutti insieme. Lei mi ha raccontato che dopo la partenza di mia madre Giuditta stava male, soffriva la mancanza di quella che oramai era sua figlia. Dopo una settimana, Sisto Antonio le disse che se stava così male l'unica cosa era cercare di riaverla. La mamma era però già stata data alla nonna Dora. Ci fu un secondo affido per i Silvestri nel 1939 e quel bambino rimase invece a Torrice. Teresa mi ha mostrato le fotografie dei suoi fratelli e vecchie cartoline mandate alle sorelle. Non riuscivano a trovare altre foto di Giuditta ma ci sarà sicuramente l'occasione per ritrovarci di nuovo tutti insieme. Avevo scoperto perché mia madre aveva dentro quella sensazione forte, quasi un ricordo fisico, di una mamma. Nessun volto, niente nomi ma sentiva che aveva ricevuto amore. Era Giuditta la sua vera madre, anche se non era stata lei a partorirla. Torrice è stato un viaggio in una realtà che era familiare prima ancora di materializzarsi nei volti delle persone che ho incontrato. Non c'era niente altro da scoprire sui quattordici mesi che mia madre aveva passato tra vigneti e ulivi. Solo gli affetti che ancora si riescono a toccare attraverso le persone che hanno memoria di quella donna piccola intorno alla quale girava un piccolo universo. Questo era Giuditta, questo è Teresa e questo era mia madre. Non è stato facile lasciarli per tornare a casa. Il vino di Vincenzo, il suo ulivo sulla stradina che risaliva il colle, lo sguardo emozionato di Teresa, la tavola ancora profumata di caffè... tutto era entrato profondamente dentro e l'unico pensiero che mi consolava era la possibilità di raccontare Torrice alle sorelle lungo la strada che mi riportava a casa. 

Qualche settimana dopo il mio ritorno ho richiamato la Signora Renzi. Perché l'Annunziata mandava i suoi bambini nel Frosinate? Erano gli affidatari che venivano a prendere gli Esposti? C'era poi la discrepanza sulla data del certificato medico del Dottor Spedaliere che certificava l'assenza di sifilide. Insomma era ora di approfittare di nuovo della sua gentilezza. Le sue risposte sono state esaurienti: era risaputo che le donne che abitavano quella zona avevano un latte particolarmente nutriente e quindi questa era la ragione per un viaggio che allora non doveva essere proprio agevole. La logistica era gestita direttamente dall'Annunziata: erano loro che portavano i bambini alle famiglie delle balie e facevano anche delle visite a sorpresa per verificare che tutto fosse in regola oltre a gestire le vaccinazioni. Nonostante questo controllo stretto, molti dei bambini morivano durante l'affidamento. Per il certificato la tesi è che fosse stato richiesto al medico in un secondo momento e che quindi la data sia stata apposta in maniera casuale. La Renzi dubitava persino che la Wassermann sia stata davvero effettuata. Restava quindi da scoprire chi era Maria Di Filippo e perché aveva abbandonato quella bambina.