Il certificato arrivò una settimana più tardi ed era una delusione. Sinteticamente raccontava che Maria Di Filippo era morta a Napoli l'otto di aprile millenovecentosettantanove. Niente di nuovo rispetto a quanto già letto sull'atto di nascita. Nessun indirizzo, nessuna indicazione sul luogo di sepoltura o riferimenti a eventuali figli. Ero sconfortato, temevo fosse davvero arrivato il capolinea per la nostra ricerca. L'unica informazione di una certa rilevanza era che al momento della morte di Maria il marito era ancora in vita. L'indicazione "coniugata" lasciava pensare che Gaetano fosse sopravvissuto a sua moglie. Nel passaggio da Roma a Napoli si erano poi confusi alcuni dati: Otricoli era diventato "Obricoli" e non risultando alcun comune con quel nome, era diventato uno Stato straniero "non definito". Anche il nome della madre si era confuso diventando "Nobilio Binnella". Nessuna traccia nuova dunque. Potevo solo provare a richiedere uno storico anagrafico per conoscere i dati dei figli della coppia ma quella sembrava una strada tortuosa, difficile, piena di ostacoli e di difficoltà. L'unica possibile alternativa era contattare il Comune di Napoli, l'ufficio che sovrintende ai cimiteri. Forse loro erano in grado di trovare il luogo della sepoltura di Maria. Via e-mail entrai in contatto con un Funzionario, persona di una gentilezza davvero inusuale, che in breve tempo fornì preziose informazioni che diedero un decisivo impulso alla ricerca.

Il cimitero di Poggioreale è uno dei più estesi cimiteri in Europa. La sua storia comincia nel 1762 con il cosiddetto "cimitero delle 366 fosse", progettato da Ferdinando Fuga. Prima di allora i ricchi trovavano sepoltura nelle "terresante" delle chiese e i poveri finivano nella "piscina", grande cavità sotto l'Ospedale degli Incurabili. Oggi il cimitero si estende tra la Doganella e via Nuova Poggioreale ed è una vera e propria città nella città con un grande valore artistico e storico anche considerando il cosiddetto "quadrilatero degli uomini illustri" che ospita, tra gli altri, le spoglie di Gaetano Donizetti, Benedetto Croce e Antonio Niccolini. Molte delle aree sono di proprietà della chiesa e ogni sezione è gestita da custodi che provvedono alla pulizia dei loculi, alla gestione degli spazi e alla illuminazione delle tombe. In una di queste aree di proprietà della chiesa era sepolta Maria. Il Funzionario mi fornì il telefono della persona addetta alla "Congrega". Chiamai subito e il Custode mi disse che dai registri risultavano due tombe a nome Palumbo ma su nessuna delle due lapidi c'era il nome di Maria Di Filippo. Il Funzionario era stato molto preciso, aveva parlato anche di una sepoltura "esterna" e non avevo dubbi sulla correttezza delle informazioni. Qualcosa non tornava ed era necessario andare di persona. Concordai con il custode per incontrarci una domenica mattina e mentre guidavo verso Napoli pensavo a tutte le ipotesi fatte prima di allora: la prostituta, la servetta, la donna di passaggio a Napoli per partorire e abbandonare una bambina. Quello che stava emergendo era invece un quadro familiare apparentemente normale e una situazione economica discreta. Anche la sepoltura in una zona privata del cimitero mi stava raccontando di persone senza problemi economici e questo finiva per rendere il mistero dell'abbandono ancora più fitto e incomprensibile. Ancora quelle domande a cui stavamo tentando di dare una risposta esauriente: chi era Maria Di Filippo e cosa la spinse ad abbandonare sua figlia? Un dato sembrava essere certo: il motivo dell'abbandono non era la disperazione e la povertà. Questi pensieri mi accompagnarono fino a destinazione e mi ritrovai imbottigliato nel traffico caotico di Napoli. Entrai nel cimitero con la mia auto dall'antica piazza della Doganella, attraversando la parte nuova e parcheggiando sull'antica via Santa Maria del Pianto. Il Custode mi accolse con gentilezza e ascoltò il mio breve racconto. Mi disse che probabilmente la donna che cercavo era sepolta insieme al figlio in una delle tombe poste all'interno dell'edificio. Mi disse che in precedenza i resti erano stati effettivamente inumati in una tomba esterna che conteneva altre persone, tra cui c'era proprio Gaetano Palumbo. Mi portò all'interno dell'edificio e dopo essere passati per una stretta scala che saliva ripidamente a una balconata, mi indicò una tomba in alto, troppo in alto per riuscire a vedere bene la lapide. Disse che era la tomba di Mario Palumbo. L'uomo aveva espressamente chiesto che alla sua morte fossero inumate con lui le spoglie di sua madre, Maria Di Filippo. Mi portò poi all'esterno, tra vecchie tombe con le iscrizioni cancellate dal tempo. Lungo il muro perimetrale, una lapide conteneva, tra altri nomi, quello di Gaetano Palumbo e la sua foto. In quella tomba, nel 1979, erano stati inumati i resti di mia nonna ma non c'era traccia di questo passaggio sul marmo chiaro della lapide. Il custode mi stava raccontando una storia familiare che in qualche modo era compatibile con quel gesto drammatico che stavamo cercando di capire. Maria Di Filippo si era macchiata di una colpa talmente grande da non meritare nemmeno un'iscrizione o una foto sulla sua tomba. Anzi, non meritava nemmeno una tomba. Era singolare che lo spostamento di una salma da un luogo all'altro non fosse noto alle autorità. Era il custode la memoria storica di quelle vicende. Ero emozionato ma anche un po' deluso. Avevo sperato di vedere il nome di Maria scritto su una lapide con una foto per soddisfare la mia curiosità, la voglia di mettere a confronto l'immagine di quella donna con la mia mamma. Invece avevo solo il volto serio e un poco contrariato di Gaetano Palumbo e la certezza che l'abbandono di mia madre fu probabilmente davvero il frutto di una storia familiare complicata. C'era anche un'altra possibilità che dovevamo sempre tenere ben presente: quel nome rimasto sepolto per ottant'anni nei registri dell'orfanotrofio poteva anche essere una crudele burla di Carmela Alfano. La levatrice avrebbe potuto scrivere un nome a caso, una conoscente casuale, oppure una qualsiasi delle sue clienti. Era una ipotesi remota; in realtà davvero aveva poco senso una burla ordita attraverso un tempo così lungo da emergere quando quasi tutti i personaggi erano ormai morti, qualcuno anche da molto tempo. Dentro di me avevo la certezza che la Alfano avesse agito con un senso di giustizia verso i piccoli esseri che lei aiutava a venire al mondo. Come se lasciare i dati delle madri naturali fosse un risarcimento che lei riteneva necessario. Forse solo il risarcimento alla sua coscienza. Prima di andare via, il custode mi disse che c'era una persona che pagava le spese della tomba dove era sepolta Maria Di Filippo. Era il figlio di Mario e poteva forse avere informazioni sui fatti che avevano coinvolto la famiglia di suo padre. Promise di chiamarlo. Poteva essere il passo decisivo per la nostra ricerca.