–
Il frutteto di Monteleone fu un lascito di Don Gesualdo Santi che era
rimasto vedovo e senza figli –
Tina era seduta sotto il porticato, gli occhi fissavano un punto
indefinito, sopra il tavolo, tra la teiera e il bricco con il latte.
– Per molto tempo gli unici nemici furono gli insetti e i
funghi che attaccavano le piante. Poi arrivarono i Carbonari, i
Generali, i loro cavalli e tutto diventò più
complicato perché c’erano di mezzo i Re, i
Principi e gli eserciti. Arrivarono anche uomini da paesi lontani che
massacravano i contadini e quelli che sognavano di cambiare il mondo
–
Maria Domenica era seduta dall’altro lato del lungo tavolo e
ascoltava Tina, quasi distratta dalle rughe profonde che
assottigliavano i suoi occhi chiari.
C’era dolore tra quelle rughe.
C’era una storia che attraversava il tempo.
– Giacomo Paglia morì ad Antrodoco e la sua morte
non era sufficiente. Gli Austriaci e Re Ferdinando, volevano mio nonno
e anche suo fratello che aveva solo sedici anni, volevano impiccarli a
Porta Capuana, insieme a Morelli e a Salviati –
– Insieme
agli Austriaci c’erano i briganti e poi arrivò tuo
nonno. Disse che poteva intercedere presso il Principe di Canosa ma
voleva in cambio le terre, le case. Voleva le loro vite ma li lasciava
ancora respirare –
Tina restò in silenzio per qualche minuto, come a
raccogliere dalla memoria uomini e fatti, come a riprendere fiato o
forza per raccontare.
– Corrado Paglia non ebbe altra scelta ma chiese di
conservare la sua casa e in cambio si offrì di lavorare
quella terra che conosceva così bene
–
– Gli
austriaci andarono via ma i briganti rimasero e pretendevano soldi da
mio nonno, in cambio della protezione, dicevano loro, e intanto
stupravano le bambine e buttavano i loro corpi nel ruscello come
carogne di animali
–
–
Poi arrivarono altri briganti e uccisero quelli che
c’erano prima –
– Dicevano che la terra era un bene sacro e che rubarla era
un peccato mortale –
– Uccisero tuo padre perché era figlio di quel
delitto e continuarono a stuprare le bambine –
Era
una storia che illuminava angoli bui, spiegava distanze, dava risposte
a interrogativi rimasti sospesi.
Gaetano
intanto stava giocando dentro casa. Saltava dalle scale e il rumore
rimbombava in tutta la
casa.
Era il suo gioco preferito: saltava prima un gradino, e poi due in una
volta sola.
Il salto dei tre gradini richiedeva un lungo rito di preparazione alla
ricerca del coraggio per affrontare quella sfida: quando era pronto
chiamava la mamma perché voleva farle vedere quanto era
bravo e
coraggioso e poi saltava trattenendo il fiato e atterrava in modo
rumoroso.
I quattro gradini, invece, lo spaventavano, facevano paura, non aveva
mai provato a saltarli.
– Mio padre chiamò i carabinieri e loro
uccisero
tutti i briganti e già che c’erano anche dei
contadini che
andavano in giro a dire che la terra era di tutti –
La casa era vuota e quel rimbombo risarciva Maria Domenica dei suoni e
degli odori che l’avevano accompagnata per tutta la vita.
Presto avrebbe lasciato quei luoghi pieni di una memoria che lei non
voleva più portarsi addosso come un fardello doloroso.
– Poco prima di morire, mio padre ci chiamò, noi,
i suoi
figli, e ci disse che i Paglia erano gente onesta e che di
onestà e di lavoro si poteva anche morire ma era una morte
giusta, era una morte di cui andare fieri –
– Io so che tu e Enrico vi siete amati, ho visto addosso a
mio
nipote quello stupore che solo l’amore riesce a
dare e
mio
fratello non capiva come una donna come te potesse perdersi dietro a
un ragazzo giovane –
– Aveva paura che fosse soltanto un tuo capriccio –
– Io
invece ho visto i tuoi occhi luccicare mentre cadeva una pioggia
rovinosa e sono sicura che fosse per lui, che era per Enrico
–
Maria
Domenica aveva comprato un appartamento a Napoli, a Poggioreale.
Gaetano doveva andare a scuola e l’Avvocato aveva ottenuto
dal tribunale le carte per poterlo finalmente registrare.
Lei aveva lasciato l’azienda in mano a un mezzadro e
lui versava i soldi pattuiti alle scadenze
concordate.
Quei soldi bastavano per lei e per i fratelli sopravvissuti ad una
catena impressionate di disgrazie.
– Noi sapevamo che le nostre famiglie insieme potevano
soltanto
generare sangue. Ne avevamo paura, anche se non potevamo fare altro che
stare zitti, lavorare e crescere i nostri figli –
– Ma nonostante tutto, il sangue è stato versato,
quello
di Enrico, il sangue più ricco e più doloroso,
sangue del
primogenito –
– Gennaro si tormenta perché e stato proprio lui a
mandare
qui da te l'uomo che ha ucciso Enrico. Non vive più se non
per
sentire ancora quel dolore perché è
l’unica cosa
che gli rimane di suo figlio –
Tina era venuta a ritirare l’atto di vendita del frutteto di
Monteleone.
L’importo era simbolico, era irrisorio.
Quegli
alberi che
portavano ancora il ricordo della roncola di Enrico valevano mille
volte di più di quella cifra fredda e inutile, scritta in
bella
calligrafia.
La storia che Tina le stava raccontando era la stessa che aveva sentito
proprio dall’Avvocato e che l’aveva convinta che
per
fermare quello spargimento di sangue, era indispensabile rimettere a
posto quello che suo nonno aveva provocato.
Era la prima volta che Tina tornava in quella casa dopo la morte di suo
nipote.
– Un giorno mi hai detto che io ero tua sorella e che avresti
voluto esserlo per me e io avevo troppa paura del sangue che ha diviso
la mia famiglia dalla tua –
– Ma ora c’è quella creatura e ha i
capelli neri e
io devo sapere se è figlio di Enrico e solo tu lo sai,
soltanto
tu lo puoi sapere –
Nessuno lo sapeva, nessuno lo avrebbe saputo mai.
Maria Domenica, dopo lo stupro e l’assassinio, aveva
semplicemente smesso di parlare.
Diceva solo lo stretto indispensabile.
Stava seduta per ore ed ore senza guardare nulla, senza pensare a nulla.
Aveva partorito dentro la camera di suo fratello Giacomo e passava gran
parte del suo tempo seduta alla finestra mentre le donne intorno a lei
badavano a suo figlio.
Poi aveva ripreso piano la sua vita ma era come se Quagliarulo, oltre
allo stupro, l’avesse derubata della chiave lasciando le
emozioni
e la fragilità irrimediabilmente chiuse dentro di lei.
Aveva fatto uno sforzo enorme, aveva chiamato Gennaro Paglia per la
firma sul contratto di vendita, aveva visto i suoi occhi spenti ma
tutto questo, così come la morte dei suoi fratelli, non la
toccava più, non c’era più niente che
potesse
smuovere il gelo dei suoi occhi e ascoltava le vite degli altri con lo
stesso interesse di chi ascolta il silenzio.
C’era solo suo figlio, Gaetano, che riusciva a strapparle un
sorriso quando gridava “Mamma, guarda come riesco a saltare
in
alto”.
Soltanto lui.
Il resto non aveva più importanza.
Tina tornò a casa e in mano aveva un foglio di carta che non
poteva risarcire tutte le lacrime versate.
Gennaro era seduto al tavolo della grande cucina e alzò
soltanto un poco gli occhi quando lei si sedette davanti a lui.
Poi
ritornò a guardare un punto
indefinito fuori dalla finestra e in mano aveva un sacchetto di stoffa
damascata che conteneva delle monete antiche.
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